Mozart e il divieto di successione

Mozart e il divieto di successione

"Don Giovanni a cenar teco, mi invitasti e son venuto". "Non l'avrei giammai creduto, ma farò quel che potrò". Il dialogo finale tra Don Giovanni e la Statua 'gentilissima' (o 'sfrontatissima'?) del Commendatore simbolizza la successione mancata tra Padre e Figlio - al contrario di quella riuscita tra Sarastro e Tamino nel "Flauto magico". Così le musiche e i libretti delle opere di Mozart ripercorrono il grande tema della cessione del potere che scandisce l'umana avventura man mano che emerge la discendenza patrilineare e la figura della donna viene relegata sullo sfondo. Il fallimento esistenziale e il buon esito immaginario non solo attraversano la biografia di Wolfgang Amadeus, specie nel tormentato rapporto con il padre Leopold, ma evocano le grandi figure del mito e del rito, della tragedia e della farsa: da Edipo sposo di sua madre e Re Lear tradito dalle figlie. La nostra stessa 'disincantata' civiltà ritrova in questo nodo profondo le radici del suo 'disagio'. Dovrà rifugiarsi in un Egitto ideale, come fece appunto Mozart, per evitare una ciclicità senza redenzione? O dovrà alla fine venire a patti con la Regina della Notte?
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