Delhi

Delhi

A chi è capitato di soggiornare nella capitale indiana, e di trascorrere magari qualche ora nei suoi vicoli più angusti e tortuosi, in preda probabilmente a un attacco di nausea per il puzzo degli scarichi a cielo aperto, Delhi può apparire come una metastasi purulenta di bazar rumorosi e squallide catapecchie, che si espande intorno ad alcuni forti e moschee sconquassate, lungo un fiume imputridito. Una megalopoli popolata di gente che si dà un gran da fare per risultare sgradevole al prossimo, sputa catarro dappertutto, urina e defeca dove e quando vuole, e si concede confidenze scandalosamente prive di pudore. Forse a qualcuno sarà anche capitato di vedere una 'hijda' come Bhagmati, la protagonista, insieme con Delhi, di questo romanzo: un essere metà donna metà uomo, dalla pelle scura, il volto deturpato dai segni del vaiolo, i denti storti e ingialliti a forza di masticare tabacco e fumare 'bidi', i vestiti chiassosi, la voce ancor peggio, i discorsi volgari. Tuttavia, nelle pagine di questo libro, questi 'orrori' sono soltanto come quegli unguenti puzzolenti che la gente si cosparge sulla pelle per tenere lontane zanzare, moscerini e altri parassiti che succhiano il sangue.
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