I veneti sono matti

I veneti sono matti

È il novembre del 1951 a Grignano Polesine, una frazione di Rovigo, e nei pressi di Malcantone, precipitando dall'argine spazzato via con una furia impetuosa e selvaggia, il Po dilaga fra i campi. Case, stalle, botteghe, alberi, animali, tutto affonda in un immenso gorgo. A Corsara, nella parte bassa del paese, gli abitanti spaventati si rifugiano sui tetti delle case e, con sgomento e tristezza, osservano gli animali da cortile morire e gli edifici crollare. La corrente è così rovinosa in quel punto che nessuno osa andare a trarli in salvo. Nessuno... eccetto 'Bepe Bina'. Con l'esile barca con cui va a pescare, 'Bepe Bina' sfida temerariamente la corrente e li traghetta, un gruppetto dopo l'altro, nella chiesa di Santa Maria Assunta. Così, con il racconto di una nobile impresa durante l'alluvione del '51, ha inizio questo libro con cui Gian Antonio Cibotto, raccogliendo un invito di Comisso, celebra la 'dolce follia' dei suoi conterranei. Una 'follia' che, come una sottile corda pazza, risuona da sempre nei campi stretti tra l'Adige e il Po e nelle splendide città venete, e genera straordinari personaggi nei quali la risolutezza, l'alacrità e l'intraprendenza fanno tutt'uno con l'eccentricità, e la dignità e la compostezza sono inseparabili da una certa benevola bizzarria. Da "La vita anfibia", la prima parte di questo libro dove si narra del legame di terra e acqua che vivono gli abitanti del Polesine, fino alle "Donne del Veneto", la terza e ultima parte in cui si mostra come non sia affatto casuale che i veneti antichi avessero per divinità di riferimento 'Reitia', la grande madre, un'incomparabile galleria di personaggi emerge in queste pagine. Volti e tipi eccentrici, figure nobili e coraggiose, eruditi illustri e gente comune, "el moro belo", 'l'arziprete di Vicenza', "il cinese"... illuminati tutti dalla scrittura lieve e limpida di Gian Antonio Cibotto.
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