Venere e Tannhauser

Venere e Tannhauser

Beardsley è uno scrittore 'snobbish', raffinato, ma non effimero, anche se evoca fantasmi, perché questi hanno tutto ciò che li rende vivi: un corpo erotico. Beardsley ha capito che la letteratura è un esorcismo, un rifugio dalla paura di vivere e dall'imminenza della morte, un conforto da limbo che deve essere portato avanti con pacato furore di monomaniaco. Non ha contenuti, di nessun genere, da proporre; non ha cause da difendere, se non la passione per l'erotismo, per la fantasia masturbatoria; non ha problemi che l'attento, pronto lettore debba risolvere assieme a lui, per venirgli incontro in qualche strano modo. Non ha nemmeno voglia di narrare, anche se ciò può sembrare un paradosso. Beardsley non è certo un realista dell'erotismo, ma è un vero figlio del suo tempo, splendida larva 'fanée', in dissoluzione. Beardsley si situa in questa 'terra di nessuno' che è appunto la letteratura, diciamo così, 'd'arte', dove tutti i sentimenti sono morti e c'è spazio solo per la rappresentazione, il rito, il gesto. Bene e male, vero e falso non esistono: si scrive, frase dopo frase, un piccolo poema di gestualità. (Dallo scritto di Alberto Episcopi)
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