Storie del dormiveglia

Storie del dormiveglia

Queste Storie del dormiveglia risalgono al 1967, anno in cui apparve il secondo romanzo di Handke, L'ambulante, preceduto di poco dai Calabroni, che segnò l'esordio dello scrittore. In genere l'ambiente di questi racconti - praterie, circhi, giostre - è fantastico: uno sfondo programmaticamente anti-naturalistico, artificioso. Inoltre, contenuto e tema appaiono costantemente elusi, posti tra parentesi, lasciati in sospeso. Viceversa, Handke non rinuncia quasi mai a un "finale": non una battuta sentenziosa, o la chiusura del senso attraverso una soluzione narrativa, ma un vero e proprio colpo di scena. Nell'indirizzo di saluto di un consigliere d'amministrazione tutta la "fabula" si risolve nello scoprire che il problema era quello dell'impossibile tentativo di far coincidere letteratura, teatro ed evento... Nel racconto L'alluvione la pura descrizione acquista di colpo un rilievo etico, benché alla rovescia, quando siamo informati che chi parla si trova su un aereo, cioè a una grande distanza dal luogo dei fatti. Per ben due volte siamo chiamati in causa sul piano emotivo, sul piano di una certa partecipazione - fino al momento in cui ci giunge la notizia che gli eroi del racconto si chiamano Gary Cooper e Randolph Scott; e ci chiediamo: perché se si chiamassero in altro modo, se la finzione fosse soltanto di primo grado, l'effetto sarebbe tutto diverso? Basta dunque un nome a cancellare tutto, a tutto rimettere in discussione? Lo stato dominante di questi racconti è quello del dormiveglia: una dimensione in cui ogni evento segue un percorso indolente e sinuoso. Vengono in mente, leggendo questo libro, le parole con cui Musil salutò il primo libro di prose brevi di Kafka, Contemplazione, trovandosi qualcosa della "coscienziosa malinconia con la quale un pattinatore sul ghiaccio disegna le sue lunghe volute e le sue figure coreografiche".
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