Le veglie di Bonaventura

Notte dopo notte, scandita dal sarcastico clangore del corno, viene svelandosi al lettore la meditazione amara di Kreuzgang, il guardiano notturno protagonista e narratore delle "Veglie di Bonaventura". Figlio di una zingara e di un alchimista, concepito durante un rito satanico Kreuzgang è l'incarnazione del caos, la dimostrazione vivente del carattere illusorio e ridicolo di ogni ordine. Dopo aver rinunciato alle sue velleità poetiche, questo irriducibile 'enfant terrible' ha accettato per sopravvivere un'occupazione marginale, che è il simbolo stesso della sua sfasatura e della sua distanza dalla comunità degli umani. Ma il vagare notturno offre al suo sguardo occasioni particolari: i segreti degli onorevoli cittadini, e il livore dei reietti, si palesano al buio nella loro trasparenza. Arma privilegiata di questa operazione impietosa è la tagliente ironia: "Sono diventato un umorista, mestiere di massima importanza, mi pare, per un guardiano notturno".La metafora della vita come teatro, magari di marionette, con il suo copione zeppo di ruoli ma vuoto di senso, è lo spunto cui ricorre Klingemann per illustrare il suo irrevocabile, cinico pessimismo. E il culmine della farsa, il momento più dissacratorio ed esilarante della rappresentazione profana, giunge con la messa in scena del giudizio universale, quando il guardiano si improvvisa angelo, e il corno si trasforma nella tromba dell''Apoclisse'...Di incerta attribuzione per un lungo periodo di tempo (Jean Paul, Schelling, Hoffmann e Brentano tra i nomi proposti dalla critica), le "Veglie di Bonaventura" costituiscono una summa della 'imagery' romantica: il loro elemento vitale è la notte, con le sue fioche luci beffarde, i suoi personaggi anomali e inquietanti, le sue gotiche 'silhouettes'. Di più, in queste pagine, trova compiuta espressione tutto un sistema di pensiero, con le sue implicazioni metafisiche e sociali: la negazione sistematica, la cancellazione del confine tra normalità e follia, il [...]