La morte di Empedocle. Testo originale a fronte

La morte di Empedocle. Testo originale a fronte

"...unirci alla Natura, in un tutto infinito, questo è il fine delle nostre aspirazioni, a questo noi possiamo consentire oppure rifiutarci". Così scrisse Holderlin in un tentativo di introduzione a Iperione. Il poeta manifesta la certezza di poter confluire nell'Oceano assecondando l'istinto primordiale che spinge ogni essere vivente all'approdo dell'Uno-Tutto in conformità al senso di quel motto, da Hegel trascritto nel quaderno dell'amico, che gli sembra la più fedele citazione a riprova delle comuni aspirazioni che univano i discepoli dello Stift a Tubinga: "Uno e Tutto". Questa breve formula esprime con sorprendente concisione la lineare progressione del mondo di Iperione il cui panteismo ritroviamo anche nell'opera più tarda dello scrittore.Il progetto dell'Empedocle nasce da questo spirito. Uno spirito che non solo tradisce un'immensa nostalgia elegiaca per la Grecia, regno sommerso della pura bellezza, e per la Natura, madre onniscente dell'uomo, ma in sè assume anche la valenza di segno opposto: una totale intolleranza contro ogni e qualsiasi limitazione, luogo sensibile del dolore che soffre per tutto ciò che, una volta realizzato e rigidamente incasellato, ricade sotto il dominio organizzato del mondo degli uomini.Il rpogetto della Morte di Empedocle vede la luce a Francoforte. Già nel secondo volume di Iperione sono presenti i naturalisti greci. Anche il ricorrente pensiero di morte, al centro del dramma, è largamente presente nel romanzo: lo spegnersi di Diotima è una fine per intima necessità e Iperione stesso, non appena si ridesta dalla sua mortale disperazione, si ritrova immerso nel seno concilinate della Natura. Nell'Empedocle questi due principi, la venerazione somma per la divina natura e il rifuggire da una vita non a misura d'uomo, si elevano all'assoluto grandioso della morte tra le fiamme dell'Etna.
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