Raffaele Viviani. La compagnia, Napoli e l'Europa

Raffaele Viviani. La compagnia, Napoli e l'Europa

Uno degli intenti di questo libro è sgombrare il campo da alcuni luoghi comuni su Viviani (la pretesa ristrettezza d'una cultura esclusivamente regionale; il "ghetto" napoletano del suo teatro; la nascita quasi casuale della sua compagnia; l'ostracismo subito dal regime fascista), e di osservare l'artista nel contesto materiale del teatro, fra le necessità pratiche della scena. La forza di Viviani fu di aver intuito, fin dall'inizio, che se avesse limitato il suo lavoro teatrale al solo allestimento degli spettacoli che aveva in mente, il successo sarebbe stato effimero. Capì che il suo teatro poteva non esaurirsi nello spettacolo, seppe guardare nello stesso tempo alla qualità degli spettacoli ed alla costituzione d'un sapere scenico, una tradizione incisa nel corpo dell'attore in scena. Ebbe la lungimirante ambizione di lavorare non soltanto per il proprio successo di attore-capo, di drammaturgo-protagonista, ma per la qualità e l'efficacia della compagnia nel suo insieme e la solidità della sua impresa teatrale. Del teatro aveva scoperto la vera ricchezza, e a quella si votò: fare il suo teatro, un teatro reinventato quasi di sana pianta, di cui fosse autore, regista, attore protagonista e maestro di attori. Un teatro fuori misura e fuori norma, un sapiente impasto di versi-prosa-musica-danza, che resterà nella memoria del teatro contemporaneo come un'eredità ancora da esplorare.
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