Pensiero fondente

Pensiero fondente

Quarantaquattro brevi racconti, incisioni datate 1980-2002 di un micromondo caro all'autore: Milano, la casa, il bar, i libri, il gioco, gli amici, le cose guardate e sentite. Quasi sempre contenuti sguscianti dalla realtà e mescolati con ironia, humour, un po' di nostalgia. Il posto di Gandini è il bar, come Joseph Roth, solo che lui i bar li aveva a Vienna, a Berlino, a Parigi e Gandini in Corso Garibaldi. Forse è per questo che concede molte parentesi, divagazioni, parole che a tratti viaggiano sole, per il suono o per rievocazioni incomprensibili. Come nei facili calembour sul Lotto dove giocano assonanze semigoliardiche, o come errori appositamente lasciati ("gestroemia" invece del corretto lagestroemia per colpa di un la che ci infastidisce). C'è amore per le cianfrusaglie, per i canti silenziosi, come la canzone di lbrahim Ferrer e Omara Portuondo dal film "Buena Vista" di Wim Wenders, citata alla fine di "La fa qua li sol", mentre in "Mira il tuo popolo" Gandini sfrutta la sua scansia autobiografica per proporre un'incalzante, avventurosa, inverosimile arringa. I suoi titoli sornioni ("La luna e i paltò"), i giochi di prestigio linguistico, i suoi 'sbalzi di tensione' fra sentimento e ironia, il suo frugare nei dettagli e l'uscirne con un colpo d'ala poetico, immediatamente trasformato in una risatina ironica, il suo spargere trappole piene di sorprese rendono i suoi racconti un raffinato esercizio di equilibrio tra colorate bacchettine di Shanghai. È l'ultimo coltivatore di modernariato di classe, inteso come raccolta di parole destinate, ahimè, a probabile estinzione. È grazie a lui che fringuelli e Camparisoda, la Shuko a tre marce e l'impermeabile strabagnato che è come "indossare un torrente" vivono e convivono in un mondo fantastico di cui lui, Gandini, si limiterebbe a dire che è soltanto 'mica male'.
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