Non sono un bamboccione

Non sono un bamboccione

Daniele Sandroni, trentenne che vive ancora a casa della madre, si autoproclama "bamboccione". Un fenomeno statistico che ne imprigiona, etichettandola, l'identità, e che allo stesso tempo rappresenta il bersaglio dell'inesauribile vis polemica del protagonista di questo romanzo. In realtà Daniele è un bamboccione assai particolare: affetto da una rarissima patologia che lo rende "rupofobico", odia in maniera ossessiva la sporcizia in qualunque sua forma. Per questo, le sue giornate all'interno di quella che lui chiama semplicemente "l'Azienda" -emittente televisiva facilmente riconoscibile dietro le surreali sembianze da Leviatano che fagocita, digerisce ed espelle chiunque vi lavori - trascorrono nello sforzo di raschiar via con un bisturi chirurgico ogni traccia di polvere fra i tasti del computer, mentre si consuma un alienante gioco di sopravvivenza contro i colleghi e il proprio capo, e l'amministrazione risparmia ogni anno migliaia di euro in tasse grazie ai suoi disturbi psicosomatici. Fuori di lì, la realtà non è migliore: tra odiati ausiliari del traffico, una madre che vive solo per il bridge e un padre che dopo il divorzio è ridotto ad abitare in un monolocale di periferia, Daniele Sandroni fa i conti in tasca a se stesso e alla realtà in cui vive.
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