Storia di Troia

Storia di Troia

Fu l'esercito più amabile e cortese che la storia ricordi. Schiere di cavalieri traversarono l'Italia del tardo Medioevo senza portare guerra né distruzione. A guidarle furono eroi dai nomi leggendari: Tristano, Lancillotto, Artù, Perceval. Venivano dalla Turenna, dalla Normandia, dalla Bretagna, dalla Champagne. I racconti delle loro meravigliose imprese, dei loro amori felici o tormentati, delle loro avventure in terre lontane e misteriose portarono diletto, piacere, poesia, sogni. Anche il "Roman de Troie" giunse in Italia nelle fila di questa specialissima brigata: scritto da Benoit de Saint-Maure in lingua d'oil, penetrò in tutta Europa e fu adattato e tradotto nelle altre lingue volgari. In Italia, dove le ultime corti feudali prima, e poi la ricca e curiosa borghesia cittadina avevano accolto e amato le 'chansons de geste', la lirica dei trovatori e quant'altro veniva dal paese d'oltralpe, toccò al misterioso Binduccio dello Scelto il compito di proporre nell'idioma locale la "Storia di Troia", che qui si presenta in testo critico. Di lui si sa soltanto che fu senese e che dovette compiere la sua traduzione prima del 1322, quando l'aristocratico locale Andrea degli Ugurgieri, amante dei racconti cavallereschi, trascrisse per passione il lavoro di Binduccio nell'unica copia che si è conservata. La "Storia di Troia" fu, nei secoli in cui i versi in greco di Omero erano ignoti anche a letterati della grandezza di Dante e Petrarca, uno dei più noti veicoli di diffusione della cultura antica, piegata però al gusto moderno. Infatti il racconto della guerra troiana occupa solo una ridotta parte del libro, che dedica invece largo spazio, tra una battaglia e l'altra, al piacere di raccontare storie d'amore e digressioni di carattere mitologico, destinate a diventare patrimonio comune di tutto l'immaginario tardo-medievale: le vicende di Achille si incrociano perciò con la storia di Giasone e Medea, la fuga di Enea con la separazione di Troilo e Briseida, e nei cuori dei giovani eroi il desiderio di amore e di vita irrompe più forte di quello di combattere. E la vita, con le sue gioie intense, la sua bellezza unica, si assapora alla corte di Priamo, nei freschi giardini del palazzo reale, nei bagni profumati, nelle grandi sale dagli arredi lussuosi, dove i valenti cavalieri e le dame elegantissime conversano, banchettano, si divertono, si corteggiano. Il romanzo diventa così anche lo specchio nel quale la civiltà borghese si riconosce come degna discendenza di una società opulenta, evoluta, raffinata. Una storia avvincente quindi, ma soprattutto un libro importante, che ci restituisce, corredato da ampie note di commento e da un utilissimo glossario dei termini più desueti, il documento prezioso di un'epoca che cominciava con entusiasmo e slancio creativo a coltivare la passione per l'antichità, prima del recupero critico promosso dall'Umanesimo.
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