Filosofia della natura e dell'identità. Scritti del 1802

Filosofia della natura e dell'identità. Scritti del 1802

Jena 1802: l'ambiente culturale è molto mutato. Il circolo romantico ormai non esiste più. Dopo Fichte, che si è trasferito da tempo a Berlino, si sono allontanati anche gli Schlegel e Tieck. Novalis è morto. Vicino a Schelling, oltre a Caroline, rimane però Hegel. Nel 1802, Schelling scrive le "Ulteriori esposizioni" e Sulla "costruzione in filosofia". E' stato sostenuto con buone ragioni che un'aura neoplatonica aleggia nella filosofia dell'identità e preserva l'unità pura e assoluta dal lavoro della riflessione. Tuttavia Schelling sfugge al fascino della mistica: sulla filosofia veramente scientifica incombe il compito di esporre l'ordine razionale della pienezza caotica di forme dell'assoluta uni-totalità. In questi scritti del 1802, il tema metodologico assume un'importanza decisiva: oltre il limite imposto da Kant, non solo la matematica costruisce i suoi concetti, ma anche la filosofia può e deve farlo se vuole divenire scienza rigorosa. L'intuizione intellettuale, assicura Schelling, non ha nulla di misterioso, esattamente come l'intuizione dello spazio che viene richiesta per le costruzioni geometriche: se il geometra costruisce nello spazio, il filosofo costruisce direttamente nell'Assoluto. L' 'ordo geometricus', che la filosofia dell'identità assume, è dunque qualcosa di ben diverso dalla mera applicazione di una forma esteriore. Con questi testi si ha di fronte una parte sicuramente non trascurabile della filosofia schellinghiana dell'identità che sebbene gravata da occasionalità e frammentarietà - non è stata sempre adeguatamente valorizzata.
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