L'occhio che uccide. La fotografia e la guerra: immaginario, torture, orrori

L'occhio che uccide. La fotografia e la guerra: immaginario, torture, orrori

Oggi l'occhio fotografico non è solo quello del reporter incollato all'evento, modello Robert Capa: è l'occhio comune, voyeurismo e affetti, turismo e stereotipo, esotismo e controllo, ricordo e tortura, possesso e bisogno morboso di contemplare. Abbiamo consumato lo spettacolo della guerra, siamo passati alle stragi, alle torture, ai rapimenti e agli sgozzamenti mediatici. Da una parte la manutenzione della paura dall'altra la costruzione delle sicurezze passano a colpi di video digitali e comunicati in rete. Ma i media hanno memoria corta: il rapporto guerra-fotografia attraversa coerentemente il Novecento, tranne nascondersi nelle pieghe della storia e scomparire dalla scena mediale.
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