Paradosso sull'attore

Paradosso sull'attore

"Con un po' di cura, forse non avrei mai scritto nulla di più sottile e di più acuto. E' un bel paradosso. Sostengo che è la sensibilità a rendere gli attori mediocri, l'estrema sensibilità gli attori limitati, il sangue freddo e il cervello gli attori sublimi" : così Denis Diderot (1713 - 1784) scriveva nel 1769 a Grimm, direttore della "Correspondance littéraire" , annunciandogli il proprio testo. Soltanto dieci anni più tardi, dopo varie revisioni, il "Paradosso sull'attore" assumerà la sua definitiva forma dialogica, e dovrà attendere il 1830 per essere pubblicato in libro. Ma già al suo apparire in rivista, il testo alimentò l'accesa polemica sviluppatasi nell'Europa settecentesca sulla funzione del teatro, che vide tra i suoi protagonisti autori come Rousseau, Voltaire e Lessing. "Non esiste opera di Diderot più letta, più commentata, più contestata e più sicura di sopravvivere del Paradosso sull'attore" ha scritto Paul Vernière, uno dei più autorevoli esegeti del direttore dell'"Encyclopédie". Ma sarebbe errato relegare il "Paradosso" , pur così ricco di vivaci aneddoti d'epoca, nell'ambito della specificità teatrale: nella forma serrata del dialogo, che nel suo movimento dialettico esprime al meglio la complessità del pensiero diderotiano, esso affronta anche il problema, cruciale nell'estetica, del 'modello ideale' e della sua funzione nella rappresentazione della realtà. Prendendo posizione contro la 'sensibilità' , Diderot rifiuta ogni forma passiva, impulsiva di imitazione della natura: l'arte non può ridursi al puro e semplice effetto psicologico dell'immedesimazione, ma deve essere adeguazione critica a un modello, a un fulcro ideale, risultato - a sua volta - di un complesso lavoro di osservazione e di riflessione sui dati del reale. Con un scritto di Yvon Belaval.
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