La veglia

La veglia

Abbandonando tutto, ovvero quel poco di messa in scena che regge la sua vita, Kemp corre al capezzale della vecchia zia morente, di cui conserva solo un ricordo d'infanzia, per occuparsi di lei: della sepoltura, dell'elogio funebre, della musica che accompagnerà la salma. La speranza che lo muove è in realtà quella di mettere le mani sull'eredità dell'anziana parente, anche se fin dall'inizio è chiaro che l'ambiente in cui vive Grace è tutt'altro che lussuoso e che la donna conduce, e ha probabilmente sempre condotto, una vita povera e solitaria. L'attesa della morte si prolunga, i giorni si trasformano in settimane, mesi e stagioni, la relazione tra Kemp e Grace si assesta su una routine macabra e assurda fino a diventare simbiotica. Lui non si limita a riempirla di cibo e inizia a inondarla di parole mentre lei si lascia nutrire a oltranza, ostinandosi in un sospettoso e imperturbabile silenzio. Nel tempo ciclico di un dramma che attraversa le quattro stagioni (di un anno, di una vita), Panych disegna l'iperbole di un uomo "qualsiasi" e di una donna "qualunque", svelando la commedia che esiste in tutte le tragedie umane e raccontando la difficoltà e l'incanto di un mondo confuso e disorientato che muore e rinasce continuamente, dove pulsioni oscure e dolorose come l'odio, la rabbia e il rancore si trasformano in qualcosa di simile all'amore.
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