Primo Levi o la tragedia di un ottimista

Primo Levi o la tragedia di un ottimista

A ventiquattro anni, nel 1943, Primo Levi viene arrestato dalla milizia fascista, internato in un campo di transito e poi deportato ad Auschwitz. La sua atroce esperienza di prigioniero e l'odissea del ritorno in Patria sono descritte in due libri celebri ormai in tutto il mondo: Se questo è un uomo e La tregua. Da queste due opere, prima lette con la partecipazione di chi ha sentito dire di familiari e parenti scomparsi negli orrori nazisti, poi studiate e meditate per ricavarne le prime indicazioni sulla vita e il pensiero dello scrittore amato, parte la Anissimov, nella sua appassionata ricognizione, nutrita di incontri, di interviste, di testi, di ricerche di archivio e di corrispondenze inedite, costati anni di lavoro. Per la scrittrice francese di origine ebraica, raccontare un'esistenza così tragica e intensa come quella di Primo Levi, che nel 1987, al colmo del successo, si suicidò, ha significato anche indagare sui perché del razzismo e dell'odio. Per lei, tutta l'opera e la vita dello scrittore torinese sono come segnate da una duplice esigenza: quella del testimone che ha visto l'umiliazione assoluta dell'uomo prima della sua eliminazione fisica, e quella del sopravvissuto che non dispera di esprimere, spiegare l'indicibile. Come conciliare la scommessa dell'ottimismo e la tragedia della storia?
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