De stultifera nave

De stultifera nave

Esiste una linea di confine, un punto esatto di demarcazione tra il qui e l'altrove, tra l'esserci e l'essere oltre, non importa oltre cosa. Se la follia è uno sconfinamento, una rottura insanabile, un solco insuperabile, 'De stultifera nave' di Angelo Nucci è l'eccesso linguistico e ultralinguistico che la raffigura. Un attraversamento di senso che non potrebbe dirsi in linguaggio e che diventa apodittica lacaniana e scardinamento dei luoghi comuni dell'accadere, per entrare silenziosamente nei sotterranei della mente umana. Sei racconti, diversi per atmosfere e ambientazioni, accomunati dal taglio chirurgico d'ogni banalità di base sull'indicibilità della follia, manganelliani nell'incedere stilistico, privi di qualsiasi seppur lontana nozione di bene e male: in ciascun racconto esiste lo sguardo smarrito del protagonista, che è anche osservatore fuori da sé, vittima e carnefice di se stesso al contempo: l'uomo che, quando abbandona l'umano, si fa folle o semidio. Pur essendo all'esordio, Nucci ha già stile, è già in una marca riconoscibile, in una linea letteraria che trova ascendenze illustri.
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