Ipazia. La nota più alta

Ipazia. La nota più alta

"L'espediente drammaturgico di Tommaso Urselli, che colloca il suo testo su Ipazia nel futuro, nel 2415, ha un effetto liberatorio. Ci libera dalla necessità filologico-archeologica, la necessità di restituire il personaggio di Ipazia con esattezza storica e ci permette di farci trasportare completamente dall'urgenza poetica e narrativa. Cosa vuole dirci oggi Ipazia? Perché deve raccontarci la sua storia? E perché il suo racconto è così necessario? La nostra risposta, una delle possibili, è che la sua sia una funzione salvifica. Ipazia è un'occasione, nel senso montaliano del termine, per salvare pezzi, brandelli di conoscenza, per salvare la possibilità stessa della conoscenza, la possibilità di fare scienza e divulgarla, oggi come in ogni tempo. Abbiamo voluto immaginare che Ipazia sia qui per portare in salvo, nascondendoli negli anfratti spazio-temporali di cui parla Urselli, i libri della biblioteca di Alessandria, metafora di tutti i libri, di tutti i prodotti della tensione alla trascendenza propria dell'animo umano, che tende a superare la finitezza del singolo essere per trovare un senso, un ordine, un'armonia superiore." (dalla Nota di Valentina Colorni)
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