Pronto, qui Prima Linea

Pronto, qui Prima Linea

La storia di Prima Linea, che si è sviluppata lungo l'indefinito crinale tra l'eterogeneo movimento extraparlamentare di sinistra e l'organizzazione clandestina, è un fenomeno ancora poco sviscerato del "terrorismo rosso" in Italia a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Eppure questa formazione ha svolto un'attività durata sei anni, con una soglia di autentica pericolosità non superiore ai quattro anni, seconda soltanto alle Brigate Rosse, firmando almeno 258 episodi di terrorismo, 923 persone inquisite, 722 uomini e 201 donne, di cui due terzi di età compresa tra i 20 e i 30 anni, provocando una ventina di vittime. Le ragioni? Si può supporre che una di queste derivi dalla sua caratteristica "bipolare", com'è stata definita dai suoi fondatori, cioè dalla compresenza al suo interno di un livello clandestino e di uno pubblico. In altri termini, è come se Prima linea fosse rimasta "vittima" dalla sua natura esasperatamente collettiva, che ne ha corroso l'immagine e reso flebile il messaggio eversivo nella ricostruzione storica. Ciò a differenza del presunto monolitismo delle Brigate rosse, che hanno avuto nell'organizzazione verticistica, occulta e fortemente gerarchizzata, il collante per affermare nell'immaginario collettivo l'idea di autentico "partito armato". Un modello di per sé refrattario ai principi di Prima linea sia per la volontà esplicita di essere alternativi alle Br, sia per il suo intento di fondarsi in maniera estensiva su legami interpersonali e amicizie.
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