La coscienza artificiale. Una critica vissuta

La coscienza artificiale. Una critica vissuta

Una scienza cognitiva che si ritiene in grado di definire la coscienza e le sue condizioni materiali annuncia la futura produzione di artefatti coscienti. Ma, definendo dei tratti della coscienza riproducibili nei sistemi di Intelligenza Artificiale, non trascura forse il suo aspetto indefinibile, ovvero l’esperienza vissuta? Potremo mai affermare di aver clonato la coscienza in un robot se l’unica prova diretta fosse mettersi “nei suoi panni” per vivere ciò che vive in prima persona? In pratica, l’argomento a nostra disposizione viene enunciato alla seconda persona ed è indiretto: “Noi, esseri umani, tendiamo a riconoscerti, ‘tu’, artefatto come cosciente”. Così, lungi dall’essere un’ipotesi verificabile, l’idea di coscienza artificiale evidenzia il nostro oblio che la coscienza non è un oggetto della conoscenza, ma la sua origine vissuta. La coscienza artificiale è anche sintomo di un desiderio di sfuggire a noi stessi, delegando il nostro essere alle opere tecno-scientifiche.
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