Leggere l'architettura, scrivere la storia. Intervista a Giorgio Ciucci

Leggere l'architettura, scrivere la storia. Intervista a Giorgio Ciucci

Provare a restituire la biografia intellettuale di una personalità schiva come quella di Giorgio Ciucci significa restituire alcune pagine salienti della storia dell’architettura del secondo Novecento. La sua amicizia fin dagli studi universitari con Manfredo Tafuri a Roma e il gruppo Stass, quindi l’insegnamento all’Iuav di Venezia di Giuseppe Samonà e Carlo Aymonino, la collaborazione con la rivista “Oppositions” e il sodalizio con Peter Eisenman, gli studi su Le Corbusier, i CIAM, Giuseppe Terragni e infine il lavoro svolto a Roma Tre e all’Accademia di San Luca hanno reso Ciucci noto come storico autorevole per il suo cechoviano “distacco partecipato”. Difatti, come scrivono Mastrigli e Orazi, «Giorgio Ciucci è sempre riuscito a mantenere una certa distanza dalle cose, persino un vero e proprio distacco, che gli ha consentito tanto l’analisi lucida che lo sguardo omnicomprensivo, tanto il giudizio sferzante quanto l’ironia. Così, anche il tono colloquiale di una conversazione, densa ma tutto sommato informale, lascia intravvedere i presupposti di una scrittura o anche di più: di uno stile».
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