La confessione
Al limite tra romanzo breve, autoanalisi e poesia, La confessione (1938-1943) è stata definita da Martin Essler una delle opere più belle, lucide e spietate della letteratura del Novecento. Scritta tra Parigi, Cassis, Marsiglia e il campo di concentramento di Argelès-sur-Mer – dove Adamov fu internato – in essa l’autore mette a nudo e a fuoco le proprie ossessioni sessuali, le proprie superstizioni e la propria incessante ricerca di essere umiliato dalle donne, che lo spinse a frequentare i bordelli parigini degli anni Trenta. Opera autobiografica e storiografica, sfida alla morale borghese tradizionale, La confessione è al tempo stesso diario notturno e documento di denuncia, antropologia e narratologia autoanalitica, manifesto etico e “diario terribile”. Ogni capitolo, ogni paragrafo, ogni ripresa testimoniano del dolore di un uomo, di ogni uomo, chiamato a combattere, nel claustrum della notte, le proprie ossessioni, a rivivere giorno dopo giorno l’angoscia del vuoto, dell’abbandono, della separazione. Per questo, per la sua portata scandalosa e scabra, di fatto l’opera fu rimossa dalla cultura del secolo scorso, senza essere mai stata tradotta in nessuna lingua europea.
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