Cose spiegate bene. Sono solo parole

Cose spiegate bene. Sono solo parole

Gli italiani non sono un popolo di allenatori della Nazionale (in questo numero di COSE Spiegate bene parliamo anche di frasi fatte e luoghi comuni) ma di linguisti: d’altronde non c’è niente che venga insegnato loro a scuola così a lungo quanto l’italiano, e non c’è niente che venga esercitato quotidianamente con tanta intensità. Si può capire che tendiamo a essere presuntuosi, sulla conoscenza dell’italiano e dei suoi usi. I social network, poi, hanno dato spazio a ricchi dibattiti, confronti, riflessioni, anche sulle stesse parole di cui li affolliamo. C’erano insomma ottime ragioni per dedicare COSE Spiegate bene a storie e spiegazioni che riguardano il linguaggio, con approcci prudenti e indulgenti e con molta carne al fuoco (espressione figurata: anche di queste ne abbiamo tante). Parliamo della lingua delle intelligenze artificiali, di quella dei tribunali, di quelle inventate dal cinema e dalla letteratura. Ma anche del vituperato schwa, del latino che usiamo e dei suoi equivoci, e di parole ed espressioni come «movida», «piuttosto che», «cringe», e di certe che non si possono dire. Di come mai diciamo «pronto?» quando rispondiamo al telefono, e di quando smettere di dire «buongiorno» e iniziare a dire «buonasera». Ricordando che «le parole sono importanti», ma anche che «sono solo parole». Con testi di Stefano Bartezzaghi, Marco Cassini, Chiara Galeazzi, Ilaria Padovan e della redazione del Post. A cura del Post e di Nicola Sofri. Illustrazioni di Luca Cannizzo.
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