Un sogno dalmata

Questo ultimo grande romanzo di Tomizza sembra chiudere il lavoro di una vita nel segno di un estremo attaccamento geografico e tematico. Tutto comincia con la fondazione di una delle tante colonie di dalmati e di albanesi riparati in Istria nel Seicento per sfuggire ai turchi e rifarsi una patria, grazie al sostegno non disinteressato della Serenissima, in una terra spopolata dalla peste. Questi fuggiaschi, costretti anche alla allora, come avviene oggi sulle coste della Puglia, a loschi traffici, si accorgono ben presto di essere stati raggirati: il suolo che li accoglie non è molto più fertile di quello, irto di spine e sassi, che si sono lasciati alle spalle. Che fare? Chi si spiega al banditismo, chi si rimbocca le maniche per costruire pazientemente un proprio podere. Tra questi un avo del narratore, il leggendario Zorzi Jurcan, già combattente al soldo di Venezia contro i pirati, che esercita le milizie alla guerra e diventa il padrone del territorio. Sullo sfondo, un raffronto continuo tra i due mondi e i due paesaggi d'Istria e di Dalmazia, sui quali sfilano i grandi mutamenti storici, politii e di costume, fino al comunismo e all'esodo degli Italiani dall'Istria. L'ultimo vasto capitolo si apre sul sentimento che nasce tra lo stesso narratore e una studentessa universitaria di Zara. Lui è sedotto dalla ragazza e da tutto l'ambiente che le sta intorno, è attratto dal clima festoso in cui si canta, si balla, si assaggiano specialità dalmate, si beve il vino dal medesimo recipiente di latta. La giovane, tra innocente e maliziosa, insiste a posare le labbra dove ha bevuto lui. Sembra un particolare da nulla e invece proprio questo gesto furtivo, l'unico intimo tra i due, è la molla che fa scattare l'immaginazione dell'uomo e, allo stesso tempo, il suo segreto desiderio di una vita rinnovata, il sogno mai sopito di rifondare la proprietà dell'antenato dalmata. Ma presto scoppierà la guerra balcanica che tutto sommerge e disperde. L'ecatombe che sconvolge un [...]