Questione di razza

Questione di razza

E' il 1945 e il prefetto Mormino sta per essere fucilato dai partigiani, ma le vicende che lo hanno portato davanti al plotone d'esecuzione hanno, come sempre, un'origine lontana. Siamo a Ferrara, nel 1938. Il prefetto Mormino, siciliano, spedito a rappresentare lo Stato fascista nelle nebbie della Bassa, è in realtà un mite umanista che passa la maggior parte del tempo a masticare amaro per le esibizioni smargiasse e muscolari del suo personale nemico Lancellotti, il segretario della locale federazione del Fascio, e a riscrivere lo sciatto italiano che ammanta con una patina di involontaria comicità le grigie, burocratiche relazioni dei suoi sottoposti. Ma un giorno la sua vita ha una svolta. A furia di trovarsi davanti il segretario Mantovani, Mormino ha notato che tra questi e le figure dipinte nel palazzo Schifanoia c'è una somiglianza impressionante: spalle strette, gambe arcuate, cranio bitorzoluto. Non c'è dubbio, si tratta del tipo ideale, se non di una vera e propria razza italiana, quantomeno di una 'piccola razza' per la quale il nostro prefetto ha già pronto anche il nome: Razza Padana Orientale. Nell'Europa in cui sedicenti scienziati vanno in giro a palpare crani e a soppesare testicoli per stabilire le differenze razziali tra gli esseri umani, in un'Italia che si è appena scoperta ariana e vara le leggi antiebraiche e soprattutto negli ambienti raccolti attorno alla rivista "La difesa della razza" di Telesio Interlandi una scoperta simile non potrà che procurare al suo autore la più grande ammirazione. Se non fosse che al prefetto Mormino mancano proprio le competenze scientifiche che gli permetterebbero di avvalorare la sua intuizione straordinaria. Dove, da chi procurarsele? E' da un po' di tempo che il prefetto è incuriosito e attratto da una signora con una capigliatura riccia e ribelle che gli passa ogni giorno davanti sferragliando in bicicletta. E' la professoressa Silbermann, ebrea, insegnante di scienze nel liceo cittadino. Anzi, da adesso ex insegnante, perché l'introduzione delle leggi razziali l'ha privata della cattedra. Mormino la convoca e le chiede di collaborare con lui per queste sue originali ricerche sulla razza, le promette uno stipendio che pagherà di tasca sua, poi un appartamento in cui lavorare. La donna è all'inizio sgomenta e irritata, poi pensa alla propria figlia adolescente e alla vecchia madre da mantenere... Si stabilisce così tra la signora ebrea e il prefetto fascista uno strano, reticente e perverso sodalizio il cui esito sarà, per entrambi, altamente drammatico. Questo è un romanzo straordinario. Emozionante e intelligente, divertente e nobile, umoristico e tragico. E' un'opera che tocca tutte le corde: è un pamphlet esilarante e severo sui deliri della scienza e della storia, è una strana, impossibile storia d'amore, di un amore a senso unico eluso e struggente, è un apologo commosso e amaro sulla stupidità del male. E' una storia paradossale ma nello stesso tempo avida di verità, che lascia nel lettore un profondo senso di gratitudine verso chi gliel'ha raccontata.
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