Due letture freudiane: Fedra e Misantropo

Due letture freudiane: Fedra e Misantropo

Il desiderio di Fedra per il bel figliastro è sentito come mostruosità morale. Ma i versi della tragedia di Racine sono pieni anche di mostri in senso fisico: quelli del mito greco, così potentemente ravvivato da aggiungere allo scandalo morale uno scandalo razionale. Com'è possibile che l'uno e l'altro si affermino entro un'opera in regola coi poeti ufficiali, col buon gusto, perfino con la severa religiosità giansenista? Il quesito è teorico; la risposta diventa un'analisi testuale sottilissima, grazie al concetto di negazione freudiana: quella negazione che afferma non volendo, confessa dissimulando, tradisce il segreto difendendolo.Il Misantropo di Molière è un personaggio più ambiguo di don Giovanni e don Chisciotte, perfino più di Amleto. E lo statuto dell'ambiguità dopo Freud è il vero tema dell'analisi della commedia, come della seguente originale storia della fortuna di essa, condotta senza la minima concessione al relativismo. Chi è Alceste? E' il maniaco di cui ridevano i contemporanei, o lo schietto essere umano che commuoveva Goethe? E'l'aristocratico in ritardo sulla corte del Re Sole per cui si spaccia, o il repubblicano inconsapevole che vedeva in lui Stendhal? E' la virtù calunniata come la deplorava Rousseau, o come ha sostenuto Lacan è manifestamente pazzo?Due analisi che fanno da supporto indispensabile al libro più noto di Orlando, già ripubblicato in questa collana: Per una teoria freudiana della letteratura.
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