Storia allegra di un uomo triste
Il filo rosso della poesia di Pier Mario Giovannone è la musicalità, che a volte è pura melodia, altre volte è gioco: giocosità ritmica, fonica, verbale. Perché Giovannone, oltre che poeta, è musicista. E la sua lunga collaborazione con Gianmaria Testa, in qualità di chitarrista, arrangiatore e paroliere, viene evocata in una toccante sezione della raccolta, con versi elegiaci dedicati all’amico cantautore prematuramente scomparso. Una poesia di immediata comunicazione – nel solco vivace di Edward Lear, Gianni Rodari e Toti Scialoja –, dove prevale l’amore per la lingua e i suoi suoni, ma che non si nasconde di scaturire da «un tempo incrinato». I frammenti della vita, con i suoi gesti interrotti, le sue allegrie e tristezze, trovano sulla pagina un istante d’equilibrio, come ricuciti nella trama dei versi. Le curiose similitudini, i lapsus, i giochi di parole, le fantasie dei calligrammi accentuano un’aspirazione a ritrovarsi nell’altrove della poesia, nel suo spazio libero che amorevolmente ci contiene e cura.
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