Nessun dio in vista

Nessun dio in vista

"Nessun Dio in vista" ricorda una pièce tragicomica o un videoclip a più voci ambientato in una frenetica Bombay. Attraverso lo sguardo dei diversi personaggi delineati con tratti sicuri, Tyrewala descrive una variegata umanità alle prese con il quotidiano, che si confronta con il peso della tradizione, le derive del progresso, la povertà, l'imposizione o l'assenza dei valori, gli scontri religiosi e i dubbi esistenziali. Il libro si apre con l'autoritratto della signora Khwaja, un tempo poetessa capace di attardarsi ore e giorni sulle metafore più sottili, adesso ridotta al silenzio dal suo ruolo di angelo del focolare, moglie e madre immersa ventiquattr'ore al giorno nei suoi compiti e messa a tacere dal brusio del condizionatore e della tv. Prende la parola il signor Khwaja, che dichiara di non riconoscere più sua moglie dopo ventisei anni di matrimonio, di non trovare più poesia nella loro vita, e racconta del figlio Ubaid, che vive perennemente connesso a Internet, e della figlia Minaz, mai a casa. Minaz è incinta, ma ci spiega subito che sta andando ad abortire, accompagnata dal fidanzato che si premura più che altro del fatto che i genitori non lo vengano a sapere. Ma c'è anche il racoonto del medico, che la società condanna perché pratica aborti. E così via, quasi trasportati da una brezza divina, o come in una corsa a staffetta, i lettori assistono alle vicende grandi e piccole, pubbliche o private di santoni in crisi, mendicanti, cinici reporter, commercianti, poliziotti, gangster e un'infinità di altri personaggi, tutti intenti a interpretare come possono le loro vite su quel meraviglioso e ribollente palcoscenico che è Bombay.
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