Ragazzo italiano

Ragazzo italiano

Finalista al Premio Strega 2020. Finalista al Premio Asti d'Appello 2020. «Troncati i legami con il nido, eliminati in pratica obblighi e doveri, Ninni, con suo intimo stupore, scoprì che rimaneva ed esisteva altro. Esisteva lui.» La vita di Ninni, figlio del dopoguerra, attraversa le durezze da prima Rivoluzione industriale della provincia lombarda, il tramonto della civiltà rurale emiliana, l’esplosione di vita della Milano socialdemocratica. E insieme Ninni impara a conoscere le insidie degli affetti, la sofferenza, persino il dolore, che si cela anche nei legami più prossimi. Da ragazzino, grazie alla nonna, scopre di poter fare leva sull’immenso continente di esperienze e di emozioni che i libri gli spalancano di fronte agli occhi. Divenuto consapevole di sé e della sua faticosa autonomia, il ragazzo si scava, all’insegna della curiosità e della volontà di sapere, quello che sarà il proprio posto nel mondo. Nella storia di Ragazzo italiano si riflette la storia dell’intero Paese, l’asprezza, la povertà, l’ansia di futuro, la vicenda di una generazione figlia della guerra ma determinata a proiettare progetti e sogni oltre quella tragedia. Un’Italia dove la scuola è la molla di promozione sociale e il futuro è affollato di attese e di promesse. Un’Italia ancora viva nella memoria profonda del Paese, nelle vicende familiari di tanti italiani. Ferrari le restituisce corpo e respiro senza indulgenze e senza compiacimenti, con uno stile cristallino e non di rado crudo, con un timbro di coraggiosa sincerità. Capace di esprimere la freschezza del protagonista e di una moltitudine di personaggi lampeggianti di futuro. Proposto per il Premio Strega 2020 da Margaret Mazzantini: «"Ragazzo italiano" è un libro scritto con uno spirito fanciullesco, nel senso più nobile del termine. Per me avrebbe potuto intitolarsi anche “Giovane”. Il giovane preso per mano lungo queste pagine, negli anni della sua crescita: un antieroe fragile, un bambino che vive circondato da donne, educato da donne, fasciato innanzitutto di stupore. E giovane è anche lo sguardo del narratore che torna ad accostarsi a quel bambino, poi ragazzino, poi ragazzo, nelle tre parti che compongono il romanzo. Ferrari riporta, ricrea in maniera formidabile, dialoghi che sono tranches di vita, che fanno pensare a certi quadri espressionisti, a certe fotografie di umile gente messa in posa. Hai la sensazione di stare in quelle case, con quelle persone. I dialoghi sono arterie vitali nascoste sotto il tessuto narrativo di un mondo che comunica con noi attraverso queste voci. Quel tessuto narrativo, poi, possiede una grazia d'altri tempi, connaturata a un'epoca più timida. Un'Italia più giovane, più sprovveduta, l'Italia partorita dalla guerra, con il suo grande gregge di reduci. Mentre Ninni avanza di statura, il mondo intorno muta violentemente, e s'intravede già molto di quello che sarà – il tempo dell'accumulo insensato, della solitudine dei molti, della disgregazione sociale – attraverso la finestra che questo romanzo di formazione apre e lascia aperta. Gian Arturo Ferrari ha scritto un vero romanzo. Perché alla fine cosa si chiede a un romanzo? Una ricreazione, nel senso dello svago, della nobile pausa nell'esercizio della vita quotidiana, ma anche la ri-creazione di un mondo comune, attraverso uno sguardo e una visione, che ricostituisca un involucro vitale. Perché, in questa polverizzazione culturale che ci sposta sempre un po' più in là nella nostra solitudine antropocentrica, il vero scopo della letteratura è quello di renderci, finché sarà possibile, un po' più umani.»
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