Grandi scimmie

Grandi scimmie

Dopo una delle sue abituali serate di vagabondaggio per i locali londinesi all'insegna dell'alcol, delle droghe e delle discussioni tra il surreale, il filosofico e il mondano, l'artista Simon Dykes si addormenta spossato tra le braccia della sua ragazza. Quando la mattina dopo si risveglia, accanto a sé non trova più il corpicino nudo e delicato di Sarah, ma una bestia pelosa, uno scimpanzé. Simon grida, si dibatte, cerca di scappare, sviene, si riprende e sviene di nuovo mentre la squadra di pronto soccorso del reparto di psichiatria, formata anch'essa interamente di scimpanzé, lo carica sull'ambulanza e lo porta in ospedale. Là, in una stanza di sicurezza, Simon si renderà conto un po' alla volta di trovarsi in un mondo parallelo, in cui il primate dominante non è più l'uomo bensì lo scimpanzé. D'altro canto la strana allucinazione di Dykes, che lo porta a credersi un umano, lascia interdetti i medici del Charing Cross Hospital: essi affidano il paziente alle cure del dottor Busner, uno psichiatra dissidente con un approccio di tipo cognitivo e non meramente terapeutico ai casi di vaneggiamento. Studiando insieme a Simon gli umani, da un punto di vista fisico, psicologico e storico, Busner riuscirà gradatamente a far recuperare al malato il suo senso di 'scimpunità' e a far retrocedere e infine scomparire la sua bizzarra identificazione con gli uomini. La perdita di prospettiva che aveva prodotto confusione mentale in Simon è paradigmatica: l'autore mette così in dubbio le strutture su cui si basa la società umana e soprattutto prende di mira il cieco egoistico antropomorfismo che spesso ci impedisce di cogliere il valore delle cose e di capire i meccanismi sociali delle specie a noi simili.
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