Visione e desiderio. Sull'essenza dell'invidia

Visione e desiderio. Sull'essenza dell'invidia

Ripubblichiamo, a quasi vent'anni dalla sua prima edizione, quello che è ormai un classico degli studi sull'esperienza della luce e sul fenomeno ad essa connesso dell'invidia. All'origine di questo studio vi è la convinzione che interrogarsi sull'esperienza visiva è altra cosa dall'indagare la propagazione e la ricezione della luce a partire dalle scienze, ad esempio dall'ottica o dalla psicologia della percezione. Il tema dell'esperienza è infatti essenzialmente connesso alla figura del soggetto, e quest'ultimo è drammaticamente in scena non solo come corpo senziente e come coscienza riflessiva e riflettente, ma anche e soprattutto come soggetto al/del desiderio. Nell'indagare il nesso tra la visione e il desiderio, Petrosino si sofferma in particolare sul fenomeno dell'invidia interpretandolo come un luogo privilegiato in cui il visibile giunge ad esperienza. Nell'invidia, infatti, il soggetto non solo riceve la luce e vede, ma anche soffre nel vedere, fa esperienza del dolore nel vedere: in essa egli vede l'altro come la causa stessa della propria sofferenza. Come è possibile e che cosa significa vedere un torto? Che tipo di ingiustizia è quella di cui l'invidioso è certo di cogliere l'evidenza? "Perché lui e non io? Non è giusto!": il testo porta alla luce il senso più profondo del grido di dolore dell'invidioso attraverso un affascinante percorso che si snoda tra alcune delle opere più significative della tradizione poetico-letteraria e filosofica; in particolare: J. Joyce ("Ulisse": Molly), A. Manzoni ("I promessi sposi": Gertrude), J. Milton ("Il paradiso perduto": Satana), Aristotele ("Retorica"), Fr. Nietzsche ("Genealogia della morale"), M. Heidegger ("Essere e tempo").
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