La televisione va alla guerra

La televisione va alla guerra

La guerra è l'immagine di una donna che si sposta a scatti, di corsa, lungo una via di Sarajevo, sotto il tiro dei cecchini. E' l'inquadratura di una strada sassosa e deserta, ai bordi della quale sono abbandonati, come mucchi di stracci, corpi di uomini magri e barbuti. E' una muta sequenza che mostra un aereo conficcarsi in un grattacielo, sullo sfondo di un cielo da cartolina. Senza la tv, la guerra sarebbe diversa, anzi, forse non esisterebbe - come suggerisce provocatoriamente l'autore ricordando i tanti conflitti, riguardanti zone poco interessanti del pianeta, liquidati come 'scontri locali' in succinti trafiletti di giornali e agenzie stampa. La guerra è un evento mediatico, che inchioda il pubblico al teleschermo, e i network la inseguono con grande dispiegamento di mezzi tecnologici. Ma anche le più importanti operazioni militari hanno bisogno della televisione, perché "le guerre non si fanno più soltanto per vincere, ma soprattutto per convincere".
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