La poesia dell'azione. Vita e morte di Carlo Tresca

La poesia dell'azione. Vita e morte di Carlo Tresca

Carlo Tresca lasciò l'Italia perché credeva nella libertà e perché riteneva che nel suo paese natale non ne avrebbe potuto godere al meglio. Scelse gli Stati Uniti, la terrà delle opportunità, ma ben presto si dovette rassegnare al fatto che la libertà non era un dono concesso agli sfruttati, ai lavoratori. Questo non lo fece desistere dal lottare, dal battersi per ciò che riteneva giusto. Dedicò la propria vita ai diritti dei lavoratori, ad aiutarli a liberarsi dalle catene che li tenevano in soggezione; lo fece con tutti i mezzi di cui era in possesso, con parole infuocate e con i fatti, mettendo a rischio la propria esistenza e schierandosi sempre in prima fila. Non amava comportarsi da generale, stando al sicuro nelle retrovie: desiderava lottare a fianco dei suoi compagni e, se necessario con loro morire. Quando in Italia, e di lì a poco anche in America, si diffuse il fascismo non poté restare in silenzio. Nonostante avesse collaborato a lungo con i comunisti per combattere il fascismo, non mostrò il minimo dubbio a distaccarsene quando il vero volto dello stalinismo si mostrò al mondo. Fu di volta in volta accusato di tradimento, di non essere un anarchico, di essere un comunista e una spia fascista. Assassinato a colpi di pistola nel 1943, Tresca, personaggio politicamente scomodo, merita finalmente di essere ricordato e valorizzato dalla storiografia italiana che fino a oggi lo ha pressoché dimenticato.
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Recensione del libro fornita da lottavo.it

Di Stefano Luconi

Tra i numerosi “rivoluzionari di professione” che animarono il sovversivismo italiano negli Stati Uniti negli anni compresi tra il periodo dell’immigrazione di massa e la fine della seconda guerra mondiale, Carlo Tresca fu la personalità più nota, influente e appariscente. Fuggito a New York dalla natia Sulmona ...

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