Il ritorno è lontano

Il ritorno è lontano

Che cosa ci cura e che cosa ci salva, noi come esseri umani e il pianeta come luogo del nostro vivere? Sara è un’archivista di mezza età con un marito solidale, Paolo, e una figlia, Nina, di cui patisce l’assenza. Nina è andata a studiare in Germania, dove prende parte a un movimento ecologista e nel farlo corre rischi. Un problema di salute induce Sara a cercare di riempire il vuoto lasciato da Nina: lei e Paolo decidono di accogliere in affido Pietro, bambino di bellezza angelica, silenzioso, guardingo, pronto a respingere con aggressività e rabbia le attenzioni della nuova famiglia. Nina, estrema e veemente come lo sono i giovani, sperimenta la fatica di giustificare e difendere le proprie scelte, giuste per principio ma difficili da calare nella vita quotidiana. Perché prendersi cura – di sé, degli altri, del mondo – è un’aspirazione nobile ma destinata a rimanere imperfetta.Proposto da Marco Antonio Bazzocchi al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione: «Ci sono domande che da anni ci assillano e alle quali non troviamo risposta: quale sarà il destino del pianeta? Troveremo il modo di risacralizzare il mondo ormai sfregiato? Le ribellioni delle giovani generazioni sono giuste? L’educazione e la famiglia hanno ormai esaurito il loro compito? Quali sono i rapporti tra genitori e figli? Alessandra Sarchi non ha risposte, come non le ha nessuno di noi, ma sa costruire una architettura narrativa calibratissima dentro la quale queste domande riecheggiano come voci che rimbalzano sui muri di una casa vuota. “Il ritorno è lontano“: così si intitola il suo romanzo, prendendo un verso di Fortini che troviamo in epigrafe e in conclusione. Il ritorno da dove? Da qual luogo buio e fangoso in cui ci troviamo immersi, da questa condizione di stallo e di continui, inutili proclami che mostrano la stoffa ormai lisa delle ideologie. Sarchi punta l’obiettivo su situazioni concrete, sui piccoli accidenti del quotidiano, restringe più che può il suo microscopio su pochi individui che si trovano presi in una avventura dove ognuno si riconosce, soffre, aspira a una catarsi quasi impossibile. Un padre, una madre, una figlia: basta questo per costruire un dramma del vivere che si allarga a cerchi concentrici e diventa il perimetro dell’esistere. Se il ritorno è lontano, Sarchi sa comunque tessere una storia che è “l’incanto del sonno”, come dicono sempre i versi di Fortini. Non ci sono risposte, ma le passioni sono quello che ci interessa, almeno ora.»
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