Al centro di questo romanzo ci sono le ragazze: con i capelli al vento di chi attraversa la campagna in bicicletta, con le guance scavate perché il cibo scarseggia ma gli occhi ardenti di chi ha tutta la vita davanti, con le dita sottili che sono perfette per costruire le munizioni. Infatti, durante la Prima guerra mondiale, la fabbrica Sutter & Thévenot sceglie proprio la campagna lombarda per installare, a Castellazzo di Bollate, uno degli stabilimenti dove centinaia di donne giovanissime fanno i turni per rifornire i soldati al fronte. E poi ci sono anche loro, i ragazzi, allontanati dalle famiglie e dal lavoro per andare a far carne da macello nelle trincee, con i cuori pieni di nostalgia e pronti ad accendersi quando arriva una cartolina vergata da una grafia femminile, come succede a Corrado che per amore arriva alla diserzione... Ma è il 1918, la Storia sta accelerando: è così che Emilia, la piscinìna, la mattina del 7 giugno saluta i genitori senza sapere se li rivedrà, perché una grave esplosione investirà la fabbrica causando decine di vittime, quasi tutte donne e bambine. La produzione però riprende subito, in tempo di guerra le vite umane contano ancora meno del solito. È così che Corrado e il padre di Emilia, Martino, con sua moglie Teresa dovranno accettare che la realtà è più dura dei sogni e il tempo scorre indifferente come il Seveso sotto il grande cielo. Con una lingua intensamente poetica e venata di dialetto senza mai indulgere nella maniera, Ilaria Rossetti racconta un episodio quasi dimenticato e più che mai attuale di lavoro femminile e morti bianche: prima di lei, fu Ernest Hemingway a parlarne in uno dei Quarantanove racconti. In queste pagine la storia vera dell'esplosione della fabbrica Sutter & Thévenot di Bollate, che uccise cinquantanove tra operai e operaie, da testimonianza si fa romanzo e attraverso le voci di tante piccole vite non smette di chiederci ascolto.Proposto da Paolo Petroni al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione: «Un romanzo vero, moderno, a cominciare dai temi, le morti sul lavoro innanzitutto, poi la guerra, con un bel ritmo, colpi di scena, cambi di prospettiva e un racconto quasi corale con echi classici nell’atmosfera e la scrittura, appena venata di dialetto, leggera e incisiva nella concretezza del suo sguardo realista e poetico, controllato e senza un filo di retorica, sull’asprezza della vita e la capacità di resistergli. [...]Si parte dalla storia vera e dimenticata dell’esplosione, il 7 giugno 1918, della fabbrica di munizioni Sutter & Thévenot di Bollate (di cui parlerà Ernest Hemingway, che partecipò ai soccorsi, nel racconto Storia naturale dei defunti) che fece 59 vittime (in appendice sono riportati tutti i loro nomi e l’età), molte delle quali praticamente scomparse, perché ridotte a brandelli, tra uomini e una grande maggioranza di giovani donne. Tra queste si seguono le diverse storie di Emilia Minora (nome vero di una delle scomparse) e poi di Clementina Colombo ricostruendole con la libertà e la creatività del narratore, ma dando risalto in particolare alle figure e al dolore dei genitori della prima, Martino e Teresa Minora, contadini dai sentimenti profondi vissuti con pudore e ritrosia e dalla vita misera e aspra, relativamente ai quali, ma non solo, nasce la domanda: “Perché le guerre, quando finiscono, non finiscono mai per tutti?”. Domanda che appunto riguarda coloro che ne sono rimasti segnati, ma che qui si allarga a tutto, acquistando un valore esistenziale, metaforico, oltre a quello più letterale relativo alla Grande Guerra, di cui si raccontano gli ultimi mesi e la fine, nel 1918, tra Bollate, le campagne intorno e Milano, unite dal fiume Seveso, percorse da ragazze e uomini in bicicletta e carretti. Con queste, mentre la fabbrica riprende subito la produzione utile alla guerra, che procede indifferente alle morti che si lascia dietro, si intrecciano altre vicende umane, da quella del soldato Corrado, che diserta per una illusoria storia d’amore, al carabiniere Ernesto Fumagalli detto Drumedari che gli dà la caccia, al farmacista di Bollate e molte altre minori, in un affresco coinvolgente di una realtà articolata e ricca nel rendere conto dei fatti ma assieme di come le persone li elaborano per sopravvivere bene o male.»
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