L'anima del Fuhrer. Il vescovo Hudal e la fuga dei nazisti in Sud America

L'anima del Fuhrer. Il vescovo Hudal e la fuga dei nazisti in Sud America

Le ragioni della chiesa cattolica e quelle del nazionalsocialismo si incontrarono a Roma, durante gli anni Trenta e Quaranta, nella persona di un vescovo austriaco: Alois Hudal. Fu lui, con la collaborazione del Vaticano, a organizzare le fughe in Sud America di numerosi gerarchi nazisti, compresi i più efferati criminali di guerra, ma anche di semplici combattenti tedeschi ricercati dagli Alleati. Attorno a questo singolare personaggio, anche a causa della sua delicata posizione, la storiografia ufficiale ha steso finora un velo d'ombra: ma le ragioni del suo agire emergono dagli scritti, ormai quasi introvabili. Perché monsignor Hudal coltivava un progetto insieme visionario, utopistico e folle: cristianizzare il nazionalsocialismo, utilizzarlo come una barriera di fronte all'ateismo sovietico e salvare addirittura l'anima di Hitler. Il progetto politico fallì, ma i più grandi criminali nazisti, grazie a lui e ai suoi collegamenti col Vaticano e la Croce Rossa, riuscirono effettivamente a lasciare l'Europa. La sua storia si intreccia a un certo punto con quella della città prussiana di Konigsberg, appena conquistata dai sovietici, quando un soldato russo d'origine tedesca viene incaricato di indagare a Roma sull'operato del vescovo. Per farlo deve fingersi un nazista in fuga, bisognoso d'aiuto. L’incontro avviene, e produce un effetto: in Hudal insinua il dubbio che la pietà cristiana alla fine non possa ignorare le ragioni della giustizia; nella spia sovietica che torti e ragioni dei vinti e dei vincitori siano, alla prova dei fatti, labili e mendaci. Sullo sfondo, i dolori paralleli di Roma e Königsberg e gli interrogativi principali sul senso della misericordia, sui pericoli dell’autoinganno, sulle ragioni dell’amore e della verità.
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