I giardini incantati

I giardini incantati

Frugando tra le vecchie cose salta fuori un quaderno della madre, un erbario che è anche un diario, e il figlio dopo tanti anni rileggendolo risponde con una lunga lettera. "Cara mamma" comincia intenerito, e poi dilaga il fiotto dei ricordi, il cumulo delle esperienze vissute, il mistero che nascondono, le fantasie che accendono. Sono soprattutto gli anni dell'infanzia e della prima adolescenza che s'impongono, gli anni di una guerra attraversata con ingenuità e candore tra Milano e i paesi degli sfollati, in una famiglia su cui incombe la disattenzione paterna, la quale tuttavia non basta a soffocare l'estro di una donna che insegue il sogno di classificare la natura e suoi fiori, prima di arrendersi all'evidenza: "Si può classificare solo il disordine, ossia non si può classificare niente". Alla fin fine per Rugarli, che torna con questo libro ai temi di "Il nido di ghiaccio", si tratta sempre dell'eterna questione del vivere e dello scrivere, che non trovano mai l'equilibrio, anche se è solo il secondo che può moltiplicare la vita riempiendola di senso e significato.
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