Leopardi e il canto dell'addio

Leopardi e il canto dell'addio

L'uomo contemporaneo - 'nuda vita' - è abituato a considerare il saluto come un gesto di cortesia puramente convenzionale ed effimero. Ciò che qui è messo in gioco è quel particolare 'saluto' che è l''addio'. 'Di fronte a Dio', forse ci rivedremo. Ma quando, con l'Illuminismo, si inaugura quel particolare processo che condurrà al nichilismo a livello planetario - "che ne è del saluto? Che ne è dell'addio? Che ne è dell'amicizia bene-augurante?" Questo libro scandaglia i numerosi sostrati di senso che tale gesto, rivolto al 'viandante' o recepito nella 'voce' viva del 'canto', acquista in uno scrittore come Leopardi, la cui opera, così 'cruciale' nella modernità, attraversa tutti i temi che più intimamente ci riguardano: il senso di interrogare un infinito che non comprendiamo, la disperazione della solitudine, la possibilità di un 'riconoscimento' di chi 'non è più', la 'fine' di 'un' mondo come fine 'del' mondo, l'impossibilità di 'qualunque resurrezione'. Se l''habitus' della lingua "tutta vestita a festa" risuona, nei versi leopardiani, come rammemorazione di un tempo in cui la 'vita' non era ancora spogliata del 'velo' con cui - originariamente - era venuta al mondo in quanto cosa non 'sacrificabile' al dolore (e cioè in quanto non ancora 'nuda vita'), l'ultimo saluto del poeta è sì un 'addio al mondo', ma, nel suo risuonare come voce disposta al canto, anche un estremo 'augurio di salvezza'.
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