Dialoghi col Tasso

Dialoghi col Tasso

Come "il tema della Gerusalemme accompagna tutta la vita di Torquato", così Tasso scorta fraterno tutta la vita di Franco Fortini, da quando, adolescente, lo legge a disfida del gusto crociano dei suoi professori e coetanei devoti ad Ariosto, sino alla magistrale lettura radiofonica della "Liberata", poco prima della morte. La polifonia dei generi - la voce divulgativa, il breve saggio, il capitolo manualistico, il fitto dialogato critico con Donatello Santarone, che introduce ai canti recitati per radio, concorre a impaginare gli scritti tassiani qui raccolti nell'unità di un discorso modulato e mai intermesso. Quell'eccesso di sfarzo, di tenebra e di pathos che incantò i romantici e poi spiacque a generazioni di studiosi, quella supposta frattura, già cara a De Sanctis, tra sensualità pagana e controriformistico senso del peccato, sono ripensati da Fortini alla luce di una intuizione critica che li oltrepassa e fa dire acutamente a Pier Vincenzo Mengaldo che in lui "si abbracciano una interpretazione 'romantica' e una 'moderna' del poema". Secondo Fortini si comprende la grandezza di Tasso se si rinuncia a contrapporre, nella sua gesta sacra, verità lirica e ambizioni epiche; la sua rimane una grandezza sghemba, in cui i contrari si fomentano l'un l'altro, inconciliati, solo custoditi dalla "melodia consunta dell'ottava cavalleresca". Gli incipit, la ritmica, le parole tematiche, le varianti angeliche e stregate del meraviglioso, l'eloquenza terrestre delle passioni riprendono ora vivezza, dopo le velature di critiche troppo disciplinari. Un Tasso non dimezzato, restituito a sé dallo sguardo penetrante di un affine.
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