L'architettura della modernità tra crisi e rinascite

L'architettura della modernità tra crisi e rinascite

Da Wright a Le Corbusier, da Gropius a Mies van der Rohe, nel Novecento si è venuta costituendo in architettura quella tradizione del moderno che risulta l'ultima espressione - all'altezza della nuovissima civiltà delle macchine - del nesso tra forma e funzione, centrale nel progetto abitativo e urbanistico degli ultimi cinque secoli. Dopo di allora, a trasformarsi profondamente non è stato soltanto il modo di concepire lo spazio, di abitare e di vivere, già rivoluzionato dai maestri 'moderni': l'idea stessa di tradizione sembra oggi dissiparsi, mentre il passato a cui si guarda perde la sua unicità, diventa plurale, o meglio repertoriale. Quasi da sismografo, De Seta registra la 'crisi della modernità' che si produce a ogni nuova generazione di architetti: crisi, ma non 'fine', nonostante si affermino princìpi che tendono a disarticolare il procedere, tutto moderno, per addizione di spazi e incastro di volumi. Ne è un esempio l'acrobatico e recentissimo Museo Guggenheim di Bilbao, dove Gehry, 'architetto di reperti', consuma la sua distanza, di marca 'pop', sia dal 'pastiche' postmodernista sia dalla classicità del Guggenheim di New York, realizzato nel 1959 da Wright.
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