Volevo scrivere un'altra cosa

Volevo scrivere un'altra cosa

Proposto per il Premio Strega 2020 da Alessandro Barbero. Diciotto racconti (più uno...) travestiti da apologhi, nutriti di un certo umor nero: così si presenta ai lettori "Volevo scrivere un'altra cosa". Già dal titolo vediamo qualcosa di inatteso: ciascuno dei racconti si chiude, infatti, con una nota finale che contrasta con quanto fino a quel punto raccontato. La storia che l'autore ha scritto non è, insomma, quella che avrebbe voluto raccontare. Ce ne era infatti un'altra, che per qualche ragione non ha potuto venire alla luce. Così, mentre il libro si sviluppa attraverso le differenti tappe dei vari racconti - da "Il subappalto delle vacanze" a "La metà fascista del cuore", da "Il portiere e la morte" a "Il furto impossibile", da P"er qualche capello in meno" a "L'istituzione della bella copia", ciascuno dedicato a un grande scrittore amato al punto da desiderare quasi di parodiarlo - le storie si contraddicono e insieme si completano, in un intreccio che è la vera ossatura della raccolta. Un destino narrativo che non risparmia neppure la postfazione di tale Ciapo Populin, «critico del Gazzettone». Proposto per il Premio Strega 2020 da Alessandro Barbero: «Luciano Curreri (1966) è alla sua terza prova narrativa (dopo "A ciascuno i suoi morti", 2010, e "Quartiere non è un quartiere. Racconto con foto quasi immaginarie", 2013) ma è anche fecondo autore di saggi, sempre documentati e creativi, in bilico fra letteratura e storia: con le 'pinocchiate' ha attraversato la storia recente d'Italia e si è inventato un'altra letteratura italiana, figlia di testi minori; partendo dalla Comune di Parigi si è interrogato sull'Europa della comunità; ha indagato la ricezione dialettica e giocosa di due grandi personaggi dell'antichità, Scipione e Spartaco, ma anche la memoria della guerra civile spagnola tra finzione, propaganda, testimonianza e realtà. Il libro che qui si presenta, "Volevo scrivere un'altra cosa" (Passigli 2019), è visibilmente il frutto di un lavorìo intenso, da parte di uno scrittore che è anche un letterato, uno storico e un filosofo, e che sta trovando una sua voce distintiva, capace di suscitare interrogativi non banali. Il libro punta sulla forma breve in un momento in cui – nonostante si assista in Italia a un certo ritorno del racconto – la forma breve non accontenta nessuno, né il pubblico né gli editori; tutti i diciotto frammenti della raccolta hanno poi una specie di postilla più o meno lunga, che si presenta in forma innocua come se volesse spiegare, ma che invece finisce per rendere il testo ancora più spiazzante e per sconvolgere, talvolta addirittura invertire, l'interpretazione. Proprio la compattezza di questa struttura fa sì che il libro non sia in realtà una raccolta di racconti ma un lavoro compatto, quasi fosse un romanzo per frammenti e per titoli, con dediche ad illustri scrittori cui non si fa il verso, certo, ma la cui presenza s'intuisce, tra forma e contenuto. La partecipazione al Premio Strega è il salto di qualità che la voce di Curreri merita per venire del tutto alla luce e scoprirsi in altri e più importanti lavori nell'avvenire.»
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