Annibale

Annibale

Quando, nel 219 a.C., due emissari di Sagunto si presentarono al senato di Roma, per chiedere aiuto al potente alleato di fronte alla minaccia punica, venne loro risposto di non preoccuparsi, perché la potenza di Roma era tale da garantire la sicurezza dei suoi alleati. Sbagliavano, i senatori di Roma. Sbagliavano perché alla guida dei Cartaginesi c'era il giovane Annibale Barca, figlio di Amilcare. Sono passati due anni: il campo di battaglia di Canne, nell'Italia meridionale, è spazzato dal vento, coperto da una distesa di cadaveri. Sono quasi tutti soldati romani. Annibale, di fronte al suo trionfo, pensa che ormai è finita, Cartagine ha vinto. La sua straordinaria impresa, la conquista dell'Italia e la distruzione di Roma, cominciata attraversando le Alpi, è arrivata all'ultimo atto. Roma è in ginocchio, il suo esercito in rotta. Resta solo da decidere come darle il colpo di grazia. Non c'è casa, infatti, a Roma, che non porti i segni del lutto. Non c'è famiglia che non abbia avuto un morto nel tentativo di fermare Annibale. Sembra davvero la fine. Da un lato Annibale, i suoi fratelli e amici, le sue donne, le bianche mura di Cartagine, il suo esercito. Annibale, lo stratega geniale, il condottiero spavaldo e coraggioso. Dall'altro Roma, la più grande potenza del Mediterraneo, la Repubblica forte delle sue istituzioni ma anche dilaniata dalle lotte tra i consoli, e dalla paura di un nemico che sembra inarrestabile.
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