Il campeggio di Duttogliano

Il campeggio di Duttogliano

Racconti, ritratti triestini d'epoca, e "ricordi-racconti" (l'espressione è di Umberto Saba) "tutti legati - sottolinea Kezich in una noterella al volume - al periodo tra il fascismo e l'immediato dopoguerra". Dominante tra essi è Il campeggio di Duttogliano, scritto nel 1956,varie volte ripubblicato, sempre introvabile. E', forse, l'unica versione letteraria, l'unica narrazione di un'esperienza che gli italiani della generazione tra le due guerre hanno fatto tutti senza eccezioni: quella della Gioventù Italiana del Littorio, quindi il fascismo visto con gli occhi di un bambino. E' un piccolo episodio, un campeggio di balilla marinaretti e avanguardisti, in terra allora italiana di Slovenia, organizzato dalla scuola. Il protagonista vi partecipa con entusiasmo, ma poi fugge avventurosamente. La qualità del racconto poggia sull'equilibrio tra particolari diversi, che compone davvero un quadro d?epoca: la memoria storica di Trieste e il dissidio etnico tra slavi e italiani, esposti al vento del regime; l'eccitazione delle velleità autoritarie dentro l'ambiente di una comunità chiusa, infine, forse soprattutto, il ritratto, vivido, difficilmente dimenticabile, di un padre che difende con sommessa tenacia, come tanti giusti di allora, la dignità etica della vita quotidiana
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