L' invenzione dell'amore

L' invenzione dell'amore

Alfred Edward Housman (1859-1936), latinista, filologo e raffinato poeta arriva nell’Ade. Caronte deve traghettarlo ma nel corso della navigazione lo Stige si incrocia con il Tamigi della giovinezza del professore. In una Oxford di fine Ottocento si susseguono gli incontri con amici, colleghi e insegnanti mentre riecheggiano le voci dei poeti che hanno inventato la poesia d’amore: da Ruskin a Jerome K. Jerome a Oscar Wilde. «La drammaturgia di Stoppard è spesso e volentieri anamorfica, nel senso che fa assumere punti di vista inconsueti, propone immagini e prospettive diverse, applicate spesso a personaggi famosi ma retrocessi a comprimari di altri secondari. In The Invention of Love il protagonista è di quelli che occupano poche righe nelle enciclopedie, cultore della filologia come mezzo per arrivare alla bellezza assoluta, cui affidarsi non solo per l’arte ma anche per la vita. Housman piange sulla sua vita di lacrime non versate, sull’amore non consumato» - Dall'introduzione di Rita CirioTom Stoppard, grande scrittore di teatro (è sua la commedia tragica Rosencrantz e Guildenstern sono morti, da cui il film Leone d’Oro ’90 a Venezia) e sceneggiatore di film di elevata qualità nell’equilibrio di scene e dialoghi (il famoso Shakespeare in Love, Premio Oscar 1999), esprime in due modi il suo pessimismo (o forse nichilismo) alla Beckett, levigato da un supremo scetticismo. L’umorismo continuo è il primo modo, fatto di doppi sensi comici, allusioni, paradossi, intese con il pubblico, giochi linguistici, sommato a un rimescolamento di generi diversi e colte citazioni spesso occulte. L’altro consiste nel prendere un personaggio, o minore o di striscio, rispetto a protagonisti ben più rinomati, e fargli recitare atti e dialoghi del tutto ordinari, fargli scorrere momenti esistenziali banalmente inconsapevoli, mentre tutti tranne lui solo sanno che una tragedia deve succedere, che questa quindi risulta casuale, superflua e senza senso. Queste due caratteristiche contribuiscono a rendere estremamente piacevoli i suoi testi teatrali, anche fuori dal palcoscenico, da leggere quasi fossero dei romanzi, dei racconti lunghi. In due atti, L’invenzione dell’amore chiama a recitare la sua parte un signore oscuro, A. E. Housman (1859-1936) latinista molto bravo e poeta di buon valore e profonda tristezza. Impersona se stesso in due figure diverse: dopo morto sullo Stige con Caronte, e giovane studente a Oxford con i suoi amici sul fiume Tamigi. È un omosessuale, innamorato non ricambiato dell’amico Moses Jackson. Lo circondano numerose persone, tutte realmente esistite, tranne, non per caso, un solo individuo. Accanto a studenti, giornalisti, docenti, parlamentari che impersonano l’età d’oro vittoriana di Oxford, ci sono i più noti Pater, Ruskin, Jerome K. Jerome e soprattutto Oscar Wilde. Questi è di Housman, si può dire, il contrappunto: come Wilde affermava provocatoriamente il suo amore, vivendo la vita come forma d’arte, l’appartato Housman vive il suo amore solo attraverso i classici, è un amore sublimato dall’arte. Sullo sfondo è il crudele processo cui fu sottoposto l’autore di Dorian Gray.

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