Goethe e il suo diavolo custode

Goethe e il suo diavolo custode

"Giaceva... di fronte alla finestra, sulla schiena, completamente vestito, con gli stivali, il frac azzurro e il panciotto giallo". L'occulto "significato cromatico della morte di Werther", dal quale questo studio prende le mosse, fornirà la chiave in grado di disserrare l'universo speculativo soggiacente all'intera opera di Goethe. Lasciando affiorare le nervature segrete che connettono personaggi, simboli e motivi talora assai distanti, Mathieu individua gli archetipi del mondo proteiforme di Goethe: le polarità di femminile e maschile, lontananza e vicinanza, sete d'infinito e limite terreno, tutte derivanti dagli opposti metafisici fondamentali di luce e oscurità. E all'oscurità appartiene un personaggio che compare tra i primi e scompare per ultimo: Mefistofele. Se i colori, cioè la realtà sensibile, si formano quando la luce colpisce l'oscurità interna dell'occhio - come spiega la "Teoria dei colori" -, Mefistofele rappresenta dunque l'occhio, il fondo buio in virtù del quale si determinano le cose. Egli è l'emblema di quel principio da cui la natura trae la vita con il suo ritmo, il "diavolo custode" che rende possibile quell'esistenza che il dramma di Werther aveva messo in discussione.
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