Ottocento romano

Ottocento romano

Secondo Stendhal per comprendere l'arte è necessaria un po' di malinconia e di infelicità e credo che tale stato d'animo si adatti perfettamente a chi voglia avvicinarsi alla pittura italiana dell'Ottocento - ed in particolare a quella romana - in quanto per lungo tempo è stata liquidata troppo affrettatamente con quell'ipoteca "regionale", conseguenza dell'errato pregiudizio di un "provincialismo pittorico", che la relegava in una posizione di netta inferiorità rispetto a quella del resto d'Europa. Da qui il diffuso disinteresse, perlomeno sino a qualche decennio fa, della critica ufficiale per il nostro Ottocento che solo di recente sta tentando una timida quanto sempre più frequente rilettura di quel "fenomeno" ancora in gran parte inesplorato e che promette più di una sorpresa. Per anni, infatti, ci si è avvicinati alla produzione pittorica degli artisti del secolo "coi baffi" con la prevenzione, per non dire rifiuto, con cui nell'alto Medioevo i barbari, di fronte ai testi scritti in greco, lingua a loro del tutto sconosciuta, anziché cercare di tradurne il contenuto per "giudicare" ciò che vi era scritto, li gettavano via con disprezzo giustificando tale loro "scelta" con una frase lapidaria quanto superficiale: "Graecum est, non legitur!". Introduzione di Claudio Strinati. Presentazione di Laura Gigli.
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