Schadenfreude. La gioia per le disgrazie altrui

Schadenfreude. La gioia per le disgrazie altrui

Da Shakespeare ai Simpson, da Winnie Pooh a Dostoevskij, da Freud a Kim Kardashian, Tiffany Watt Smith conduce un’esilarante spedizione nei territori oscuri delle nostre emozioni più inconfessabili. Forse è arrivato il momento di smetterla di preoccuparsi e amare la Schadenfreude. Quando un pendolare ti spintona per raggiungere il suo treno, e poi lo perde. Quando il belloccio dell’ufficio fa lo splendido sulla sedia girevole e si ribalta. Quando la tua ex annulla all’ultimo il matrimonio per motivi ignoti. Quando una folata di vento scoperchia il parrucchino di un passante. Quando il campione mondiale di castelli di carte starnutisce e fa cadere tutto. Dovresti dispiacerti, e invece non riesci a toglierti dalla faccia quel sorrisetto. Ecco cos’è la Schadenfreude. «La sfortuna degli altri è dolce come il miele», dice un antico proverbio giapponese, mentre i soliti, pragmatici tedeschi l’hanno detto con una parola sola: Schadenfreude, “la gioia per le disgrazie altrui”. Il termine è minaccioso e oscuro, ma l’emozione è deliziosa e più comune di quanto siamo disposti ad ammettere. Tutti l’abbiamo provata e la proviamo ogni giorno, in fila al supermercato o girovagando sui social. È la gioia segreta quando vediamo l’uomo d’affari che pesta una cacca di cane, il politico sommerso di insulti su Facebook, il nostro vicino a cui si rompono i sacchi della spazzatura stracolmi. Spesso la travestiamo da giustizia divina, da vendetta del karma, quando l’universo sembra punire chi se lo merita. Però non sempre è così, o non solo. È anche il sollievo di non essere quella persona che sta facendo una figuraccia, la gioia di vedere che nessuno è perfetto, la gratitudine di trovarsi in disparte e, per una volta, la felicità di essere se stessi (almeno finché agli altri capitano cose del genere). Tiffany Watt Smith prosegue la mappatura dell’Atlante delle emozioni umane, e stavolta si sofferma su una singola bizzarra emozione, che Nietzsche definiva la «vendetta dell’impotente» mentre per Schopenhauer era l’«indizio più infallibile di un cuore profondamente cattivo». Sebbene sia così diffusa, la Schadenfreude è infatti da sempre un vero rompicapo: come funziona, a che cosa serve e, soprattutto, dobbiamo vergognarcene o no? In un’epoca di scontri politici e rabbia populista, di gogne pubbliche a colpi di tweet e autopromozione a base di selfie, studiare la Schadenfreude significa ripensare completamente la gelosia e l’invidia, forse i veri motori segreti del mondo.
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