Occidente infedele. L'Europa al cospetto dei jihadisti

Occidente infedele. L'Europa al cospetto dei jihadisti

"Il credente è lo specchio del credente": l'espressione è tratta da un hadith, ovvero una frase attribuita al profeta Maometto e commentata ampiamente con molteplici interpretazioni. È però stata pronunciata di recente in Francia da un jiadhista subito dopo aver ucciso due "miscredenti" davanti al loro figlio, rivolta ai francesi e all'Europa come gesto di sfida, ed è plausibile che per lui questo fosse il significato: "voi che non prendete mai sul serio le nostre parole, guardate dentro il mio discorso, perché la mia fede è lo specchio della vostra fede. Europeo, specchiati in me. Contempla la mia fede e vedi in cosa credi". Questo libro nasce appunto per guardarci dritti negli occhi. Contemplare l'immagine che ci viene mostrata, perché, nonostante tutto, riflette un noi. Benché in genere siamo tanto reticenti a dire "noi", perché non vogliamo tracciare una frontiera con un "loro" con il rischio di escludere e discriminare, il jihadismo esige che lo facciamo. "Noi amiamo la morte come voi amate la vita", ripete di generazione in generazione, da Osama bin Laden a Mohammed Merah. E con questo "voi", nostro malgrado ci incolla addosso un noi, fatto di origini e sensibilità diverse, che non bisogna rinchiudere dentro limiti arbitrari, ma che è necessario lasciare affiorare chiedendoci cosa contiene, cosa conteniamo. Il saggio vuole cercare di dare delle risposte e per farlo metterà talvolta il dito nella piaga, superando strati su strati di non detti. Capitolo dopo capitolo, un passo dopo l'altro, sono attraversati differenti episodi dalle molteplici implicazioni (sociali, politiche, religiose, culturali, sessuali...) per scoprire questa fede che il jihadismo ci costringe a guardare in faccia. Gli uomini che attaccano l'Occidente per distruggerne l'imperialismo opprimente, le democrazie ipocrite, i costumi decadenti, se la prendono con istituzioni e valori che anche noi abbiamo spesso criticato, a volte duramente. Ma colpiscono anche, adesso è chiaro, qualcosa a cui teniamo, un insieme di libertà, costumi e gesti inventati nel corso dei secoli; la cultura liberale e democratica a cui il socialismo avrebbe dovuto offrire un giusto compimento; questa civiltà un tempo sicura del proprio universalismo che forse invece ha costituito solo un particolarismo locale su scala mondiale è, nella storia umana, nient'altro che una parentesi. Ecco perché ormai, nel guardare le immagini di corpi insanguinati, non ci viene più da dire "Ce lo siamo cercati", ma "Siamo sotto attacco". Anche noi, e forse soprattutto noi, così deboli da crederci forti.
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