Berlinguer non era triste. Così ricordo Enrico Berlinguer

Berlinguer non era triste. Così ricordo Enrico Berlinguer

L'infanzia vissuta sotto il regime e poi in guerra, gli anni della gioventù, poi le vacanze estive a Stintino e la dura vita di partito a Botteghe Oscure. Nei ricordi di un'amica, emerge il ritratto privato e inedito di uno dei grandi leader della sinistra, ancora oggi rimpianto e amato. "Noi bambine non giocavamo a pallone, avevamo i nostri giochi, meno divertenti, oppure stavamo a guardare le partite, molto discusse e sofferte, sedute su una delle panchine. Stavo lì, un pomeriggio, con una mia cuginetta, quando il Berlinguer più grande, Enrico, mi si sedette vicino. Tolse dalle tasche un libro molto vissuto, e si rivolse a me chiedendo: 'Tu sei Marina, vero?' Risposi affermativamente e lui mi sorrise e si immerse nella lettura. Da allora ci salutammo, scambiavamo qualche parola. Ero molto contenta che un grande si accorgesse di me, ma quanto era timido, timido bruno e sorridente!"
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