Età d'uomo
La conoscenza della straordinaria opera di Michel Leiris (1901-1990), non può non prendere le mosse dalla lettura di questo libro, prima e decisiva parte del grandioso «arazzo autobiografico » che, come ci ricorda Andrea Zanzotto – autore sia della traduzione del testo, sia del saggio critico che qui lo accompagna –, ha segnato « una svolta nella concezione dell’autobiografia importante quanto quella segnata ai suoi tempi da Rousseau ». Scrittore di formazione surrealista (e vicino, per più di un aspetto, ad altri maestri della coscienza del nostro tempo come Artaud e come Bataille, a cui "Età d’uomo" è dedicato), passato poi attraverso intense esperienze psicoanalitiche e di pratica etnologica, Leiris giunge, nel raccontare se stesso, ad un vero e proprio «teatro della crudeltà », destinato, scrive ancora Zanzotto, a «mettere in pubblico, in scena, i più riposti atti e pensieri », seguendo un bisogno di confessione intesa come « sacramento della penitenza », come «esorcismo contro una colpa oscura ».
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